WANTED - RICERCATI SPECIALI

Galleria Colonna - Via Villa 41, Bresso - 18 ottobre / 8 novembre 2009
Mostra collettiva a cura di Marco Meneguzzo - Catalogo Arte Colonna

KayOne viene invitato alla mostra collettiva di Street Art Wanted - Ricercati Speciali organizzata dalla Galleria Colonna di Bresso, con esposti i lavori di Mr. Wany, Leo, Verbo e Pogliaghi.



LA FELICITA' DELL'ANTROPOLOGO
di Marco Meneguzzo

La felicità massima per un antropologo sarebbe quella di scoprire una tribù intatta, non toccata dalla (altra) civiltà. La felicità massima per un linguista sarebbe quella di assistere di persona alla nascita di una o più lingue, a partire dalla base originaria indistinta del linguaggio…oggi tutto questo è possibile, allo storico e al critico d’arte – ma se si vogliono aggiungere antropologi, sociologi, linguisti, ben vengano! – se avrà voglia e costanza di guardare quanto sta accadendo nella tribù dei writer, a circa vent’anni dalle prime uscite in pubblico (almeno dei writer italiani). Per una civiltà veloce come la nostra, vent’anni sono un buon periodo d’incubazione per un linguaggio, e il fatto che quegli stessi che l’hanno usato per primi siano ancora sulla breccia – o meglio, per strada e sui muri – non fa che aumentare l’interesse e l’efficacia dell’analisi linguistica. Dunque, c’è una parte della tribù che dopo aver parlato lo stesso linguaggio, e obbedito alle sue ferree leggi (al mondo non c’è nessun codice espressivo più rigido e cogente di quello dei graffiti), continua per certi versi ad usarlo (quando colora i muri delle città), ma contemporaneamente sente il bisogno di diversificare i propri modi espressivi, che è come dire uscire dalla regola tribale per affermarsi come individuo. Per fare questo, gli individui “eretici” di quella tribù adottano uno stile di vita e un modo di lavorare che tenga conto del prima e dell’adesso: non rinnegano affatto i modi della tribù, da cui attingono il proprio vitalismo e cui rispondono continuando ad essere “sulla strada”, e contemporaneamente sviluppano un proprio linguaggio espressivo, che li diversifica anche agli occhi dei non appartenenti a quella tribù (i membri di questa, invece, riconoscono sui muri della città al primo sguardo l’opera di ciascuno di loro). Si assiste così a un doppio registro espressivo: quello che tiene conto del gruppo, e quello che tiene conto dell’individuo, dove però l’individuo può tranquillamente essere parte di quel gruppo che, collettivamente, apprezza e rispetta il linguaggio originario, ma non si nega a quello “nuovo”. È la nascita della lingua o, se si vuole, è la Torre di Babele contemporanea: è la felicità dell’antropologo e anche del critico d’arte (che, come si sa, non è facile agli entusiasmi…). L’uomo, dunque, rompe le regole. Il gruppo le crea. Ma i linguaggi nuovi non nascono adulti, per quanti linguaggi adulti – e anche vecchi – circondino quegli inizi, e così anche questi cinque street artist (è una definizione parziale, che però tiene conto della doppia natura della loro azione) che costituiscono un buono spaccato di quanto sta avvenendo nelle tribù dei writer, fanno i conti coi linguaggi precedenti, ma hanno dalla loro il fatto che il loro punto di vista privilegiato è eccentrico rispetto alla tradizione del linguaggio dell’arte, anche del più innovativo. Mr Wany, Pogliaghi, Verbo, Kayone, Leo, operano infatti tenendo conto del proprio pubblico.



Di un pubblico che è differente – più vasto, più giovane, più poliedrico, più veloce, più superficiale, anche – da quello dell’arte, ma che potrebbe sostituirvisi, che per ora è lontano, ma che potrebbe diventare tangente al pubblico dell’arte (con l’aiuto giustamente interessato del mercato), addirittura diventare preponderante: è un pubblico disponibile, aperto, che assomiglia ai suoi artisti, che non ha paura di mescolare l’alto col basso, di guardare una billboard pubblicitario come si guarda la Gioconda e viceversa. Barbari, ma vitali. Per questo non si deve guardare a questi lavori con l’occhio disincantato di chi già conosce tutti i linguaggi, e quindi paragona queste opere a ciò che è già stato, perché esse nascono e vivono in un contesto diverso, in un mondo diverso, in un sistema di valori diverso, più ingenuo e per questo più aperto. Più aperto a quell’”aria fresca” che con tanta forza invocava Nietzsche per il suo mondo vecchio. Leo (Montemanni) è affascinato dall’idea di iperrealismo: sedotto dalla tecnica, la seduce con la sua tecnica. Adottando un’idea di retorica che paradossalmente non vuole ingannare nessuno, ma svelarsi immediatamente, dipinge spesso bambini, che ovviamente e retoricamente rappresentano l’età dell’innocenza, il futuro, il nuovo. Mr. Wany elabora uno scenario postatomico, spesso popolato da una umanità mista (di razze e di metalli), dove l’Oriente fisiognomico diventa l’Oriente fantastico dei manga. È la riproposizione dell’esotismo misterioso, così come si può formulare in un mondo dove non esistono più “posti esotici”. Pogliaghi di primo acchito sembra il più composto – nel senso etimologica della parola – tra tutti: i suoi quadri sono quadri in cui il senso della composizione si fa avanti, ti salta addosso. Poi ti accorgi che tratta Popeye come un graffito pompeiano, o Donald Duck come un geroglifico egizio. Kayone è il più astratto, se ancora valgono queste distinzioni. Anzi, più che astratto è il più gestuale: memore di Pollock ma anche della velocità con cui si consumano le bombolette di notte, costruisce paesaggi filamentosi che ricordano le sinapsi della mente, mentre dipinge se stessa. Verbo è il più eccentrico e tecnologico: capace di mixare video e azione diretta, pattern elaboratissimi e astratti con racconti sovrapposti di oggetti usciti da una fantascienza anni cinquanta. Uno stile che adotta il movimento del cavallo negli scacchi: avanti e di lato, imprendibile, imprevedibile, e pericoloso.









Catalogo Wanted
Curatore: Marco Meneguzzo - Edito da: Edizioni Arte Colonna - www.galleriacolonna.net


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